Premesso che:
risulta agli interroganti che il "Jean Paul Getty Museum" di Malibù, in California, espone, tra le altre antichità magno-greche, l'eccezionale gruppo scultoreo fittile raffigurante un citaredo seduto (forse Orfeo), e due sirene stanti, datato al IV sec. a.C. e di presunta fattura tarantina;
circa la provenienza, il sito web del museo californiano asserisce che il capolavoro fu acquistato nel 1976 dalla Zurigo Bank Leu, AG, senza fornire informazioni sul pregresso;
un articolo della "Gazzetta del Mezzogiorno" del 30 novembre 2006, ripreso dal web magazine "patrimoniosos", attesta che all'inizio degli anni 2000 erano 46 (o meglio, da 52 si erano ridotti a 46) i reperti di straordinaria fattura e supposta origine italiana dei quali il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo pretendeva la restituzione dal museo di Malibù, compreso, sembrerebbe, l'Orfeo e le sirene;
della lista non si hanno più notizie da quando, nel 2006, il Getty museum acconsentì a rilasciare 26 delle 46 opere richieste dall'Italia e trattenerne 20 (come riportato da "la Repubblica" del 23 novembre 2006), per poi decidere, nel 2007, di cederne altre, rientrate negli anni successivi, ma non quella in esame (come riportato dal "Corriere della Sera" il 25 settembre 2007);
benché un documento interno reso noto dal "Los Angeles Times" attribuisca all'Italia il 70 per cento delle antichità archeologiche detenute, il Getty museum si è opposto al rilascio di alcuni capolavori invocando l'assenza di prove certe della loro provenienza dal territorio nazionale oppure asserendo di non essere stato a conoscenza della loro origine illecita al momento dell'acquisto, giustificazione "accettabile" da un privato ma che un'istituzione con fini dichiarati di ricerca, conservazione ed esposizione non può, invece, addurre in buona fede;
per quanto riguarda il gruppo scultoreo di Orfeo e le sirene, la provenienza dal traffico internazionale di reperti archeologici e in specie dal mercato clandestino italiano sembra accertata;
si riferiscono infatti all'Orfeo alcune fotografie in bianco e nero che documentano oggetti non ancora restaurati e da immettere, poi, sul mercato antiquario illegale mostrate dal giornalista Duilio Giammaria nella puntata della trasmissione RAI "Petrolio - Ladri di Bellezza" andata in onda l'8 dicembre 2018 (disponibile sulla piattaforma "Raiplay") come segnalato il 1° novembre 2019 dal giornalista Enzo Garofalo nell'aggiunta all'articolo del 9 novembre 2015 sul web magazine "Fame di Sud";
considerato che le ragioni della mancata restituzione all'Italia del gruppo di Orfeo e le sirene non sono di dominio pubblico e sia su quello sia sugli altri oggetti d'interesse archeologico e straordinario valore artistico inseriti o meno nella lista dei 46 che il Ministero ha richiesto senza successo, in passato, al museo californiano, nella convinzione che provengano dal nostro Paese e siano stati esportati illegalmente, sembra essere calato il silenzio, dopo la stagione a parere degli interroganti entusiasmante del ministro Rutelli e quella promettente del ministro Bonisoli,
si chiede di sapere:
se le fotografie del gruppo di Orfeo e le sirene mostrate nella trasmissione televisiva appartengano effettivamente all'archivio di un noto trafficante di reperti dal Sud Italia, archivio attraverso il quale, negli anni scorsi, molti oggetti d'interesse archeologico trafugati dall'Italia meridionale sono stati identificati e recuperati;
se sia stato chiesto ufficialmente al Getty museum se abbia provveduto ad accertare la reale provenienza dell'opera, che per ammissione unanime non può non essere italiana, e quale sia stata la risposta;
quale sia, ad oggi, lo stato delle trattative tra il Ministero e il Jean Paul Getty museum per la restituzione dello straordinario gruppo scultoreo di presunta fattura tarantina;
quanti reperti archeologici e opere d'arte di varia tipologia e cronologia, di dubbia o illecita provenienza ma ragionevolmente trafugate all'Italia, siano ancora presenti nelle collezioni del Getty museum;
quale sia, ad oggi, lo stato delle trattative per la restituzione di tutte le opere uscite illecitamente dal nostro Paese e finite nei musei e istituti statunitensi prima e dopo il 1983.
risulta agli interroganti che il programma di rifacimento di molte strade del centro storico di Roma, deciso sia dall'amministrazione comunale, sia dalla amministrazione del 1° municipio, preveda la sostituzione con asfalto della tradizionale pavimentazione;
le motivazioni addotte sono di ordine tecnico: si asserisce che i sanpietrini non sarebbero idonei né a garantire la sicurezza pedonale e veicolare, né a sostenere il traffico veicolare pesante nelle vie ad alto scorrimento;
molti esperti di fama internazionale, come Paolo Portoghesi e Giorgio Muratore, hanno difeso la pavimentazione tradizionale a sanpietrini che, se realizzata e montata a regola d'arte, è molto resistente al traffico, e comunque in misura pari a quella della pavimentazione in asfalto;
l'ammaloramento delle strade a sanpietrini della città di Roma è da ricondurre, a parere degli interroganti, alla mancata manutenzione o a lavori non eseguiti a regola d'arte;
considerato che:
il centro storico di Roma è inserito nella lista del patrimonio mondiale dell'UNESCO dal 1980, e dal 2014 ne fanno parte tutti i rioni storici della città, dentro e fuori le mura Aureliane;
l'articolo 9 della Costituzione riconosce il paesaggio come parte integrante e costitutiva del patrimonio storico e artistico della nazione;
la legge 1° giugno 1939, n. 1089, già prevedeva la conservazione nei centri storici delle pavimentazioni originarie;
il codice dei beni culturali e del paesaggio (decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, successive modificazioni e integrazioni), nato nell'ambito della Convenzione europea del paesaggio (Firenze 2000), considera bene culturale anche il paesaggio, sia naturale sia derivato dall'azione umana;
l'art. 135, comma 4, lettera a) , del codice, ai fini della tutela del patrimonio culturale, prevede che per "il mantenimento delle caratteristiche, degli elementi costitutivi e delle morfologie" si tenga conto anche delle "tipologie architettoniche, nonché delle tecniche e dei materiali costruttivi";
nella sentenza n. 59347/2004, la VI sezione del Consiglio di Stato rafforza l'orientamento secondo cui le pubbliche piazze, le vie, le strade e gli altri spazi urbani di interesse artistico o storico sono qualificabili come beni culturali indipendentemente da una specifica dichiarazione di interesse storico artistico;
le strade lastricate a sanpietrini sono in strettissima correlazione con i basoli delle antiche strade romane e, rappresentando in modo caratterizzante la città di Roma, sono da considerarsi parte integrante ed elemento insostituibile del suo paesaggio architettonico e storico, valorizzato dal tappeto a mosaico da loro costituito;
la lavorazione artigianale dei sanpietrini ha sviluppato nel tempo diverse tipologie di forma, di tecniche di posa in opera e di disposizione che garantiscono l'appropriatezza del manufatto in termini di funzionalità, di resistenza e di rispetto per l'ambiente;
le diverse disposizioni dei selci sulle sedi stradali e i disegni che essi compongono non sono soluzioni estetiche, ma risultato della sapienza tecnica e artigianale,
se il Ministro in indirizzo non reputi censurabile lo smantellamento di manufatti pregiati per materiali e per sapienza artigianale, come pure lo snaturamento della peculiarità donata al paesaggio storico e architettonico romano dal particolare tessuto a mosaico della sua pavimentazione tradizionale a sanpietrini, a fronte di rese tecniche indiscutibili, anche alla prova del traffico veicolare moderno;
se non ritenga che i sanpietrini forniscano, per colore, luminosità ed estetica, un valore aggiunto al decoro di cui Roma ha diritto;
se non creda doveroso intervenire perché la caratteristica pavimentazione romana in sanpietrino sia restituita alla capitale nella sua verità filologica, senza interventi che, in nome di una falsa modernità intesa come valore primario, snaturino quei disegni frutto di sapienza artigianale che sapeva rispondere alle necessità pratiche in funzione della viabilità, mescolando tecnica e bellezza;
se non giudichi opportuno agire, perché non sia sottratta alla città millenaria la testimonianza di una stratificazione storica che la rende unica e, contestualmente, siano evitate le proposte di inutili "ricami" che rispondono al solo canone di un'estetica fine a se stessa, funzionali tutt'al più a sottolineare leziosamente i percorsi commerciali e turistici di una città che viene così destinata primariamente al servizio di attività commerciali.